Come tirare avanti.
Spesso si critica al sistema universitario l’assenza di meritocrazia. Non è vero. E’ solo che il concetto di merito è alterato: la capacità di gestire i rapporti con gli strutturati nei dipartimenti, l’aspetto politico diciamo, è importante quanto la produttività scientifica.
In altre parole anche se scrivete dieci articoli, ma siete degli stronzi o peggio ancora degli imbranati o peggio peggio ancora avete fatto incazzare il vostro professore, siete accademicamente morti. Stecchiti. Sepolti in una stanzetta polverosa. E senza neanche un pc da cui leggere ConversazioniMetropolitane.
Invece bisogna essere attivi e diplomatici: andare a tutte le conferenze, parlare con tutti, smazzarsi gli ospiti dei vostri professori a pranzo, lavorare, leggere molte pubblicazioni relative al vostro lavoro, lavorare, chiedere udienze settimanali al relatore, anche per non dire niente, lavorare, dire sempre la verità. Lavorare.
Mostrarsi sempre motivati e affidabili. Sempre. Sempre. Sempre.
Il perché di questa impellenza risiede in un’analisi dei professori dal punto di vista etologico ed economico.
I professori sono creature pavide ed opportuniste, atteggiamento rinforzato dalla ridicola esiguità dei loro fondi. Quando investono soldi, tempo ed influenza sui loro studenti, si sentono molto magnanimi: ma una qualsiasi fibrillazione può spaventarli.
La loro stima oscilla come in una dinamica di mercato: dando segno di non essere un investimento solido, farete crollare la vostra quotazione. E cosa fanno gli investitori con le azioni che crollano? Se ne disfano.
Ecco. Anche nella disperazione più nera, sempre motivati.
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